Come tutti noi ben sappiamo il latte è un alimento molto ricco grazie al contenuto di vitamine, proteine con elevato valore biologico (presenta quasi tutti gli amminoacidi essenziali), colesterolo e acidi grassi saturi (la cui quantità dipende sia dall’animale di provenienza sia dall’integrità della frazione lipidica), il lattosio, zucchero che favorisce la proliferazione della flora batterica e aiuta la sintesi della vitamina B. Per questa sua ricchezza il latte viene prodotto da tutti i mammiferi affinché possano nutrire il proprio cucciolo e permetterne un buona crescita.
L’uomo è l’unico animale che, anche dopo lo svezzamento, continua a consumare latte e in particolar modo usa latte non proveniente dalla propria specie. Rispetto a questa errata abitudine il nostro organismo ci da un segnale inverso, infatti dopo la fase di crescita smette di produrre l’enzima lattasi responsabile della corretta digestione di questo zucchero causando il disturbo dell’intolleranza al latte molto diffuso nella nostra popolazione. L’intolleranza al lattosio non deve essere confusa con l’allergia al latte , infatti quest’ultima coinvolge il sistema immunitario nella produzione di anticorpi contro le proteine (caseine) contenute in esso. I sintomi più diffusi legati all’intolleranza sono coliche addominali, gonfiore e diarrea, emicrania.
Secondo la credenza comune il latte essendo ricco di calcio viene assunto come forma di prevenzione all’osteoporosi e per la buona salute delle ossa. In realtà è stato scientificamente provato che il consumo di latte comporta diversi conseguenze negative nel nostro organismo:
- Come prima cosa il latte porta ad una acidificazione del sangue, contiene aminoacidi solforati che se in eccesso generano metaboliti acidi. Se il rene non riesce a eliminare l’eccessivo carico di acidità si ha una acidificazione del sangue. L’organismo interviene cercando di tamponare il pH acido alterato del sangue liberando Carbonato di Ca dalle ossa e favorendo quindi la demineralizzazione delle ossa. In realtà introduciamo molto calcio con il latte , ma non lo utilizziamo a pieno per le nostre ossa. Esistono numerosi studi che hanno riscontrato un rischio maggiore di fratture e di osteoporosi in gruppi di persone o di intere popolazioni che consumano quotidianamente latte rispetto alle popolazioni che non ne consumano affatto. Contrariamente a quanto si pensa quindi una delle cause primarie dell’osteoporosi sarebbe un eccesso di proteine animali nella dieta (comprese ovviamente quelle del latte). Sarebbe meglio allora assumere calcio attraverso verdura a foglia verde (spinaci, cicoria, rucola, bietole, radicchio), frutta secca (in modo particolare mandorle e sesamo) o mangiando pesce con tutte le sue lische (quando è possibile, ad esempio preparando delle zuppe con il pesce intero).
- Il latte sembra far aumentare il rischio di tumore all’ovaio e alla prostata. È dimostrato che contribuisce ad innalzare i livelli di IGF-I (fattore di crescita insulino-simile) a causa della presenza di lattoalbumine, proteine molto rappresentate nel latte, correlate all’aumento del rischio di alcuni tipi di tumori, quali il tumore alla mammella e della prostata. Il lattosio, poi, se viene digerito, libera il galattosio che è stato messo in relazione con il tumore dell’ovaio ( che però potrebbe essere influenzato sia dalla glicemia che dal consumo di grassi saturi).
- Il latte vaccino potrebbe contenere contaminanti quali antibiotici, ormoni della crescita somministrati negli animali oltre a erbicidi e i pesticidi veicolati dal foraggio quindi può portare a problematiche di intossicazione o di sovraccarico di determinate sostanze.
A seguito di queste considerazioni il suggerimento è quello di consumare consapevolmente il latte come i latticini, ridurne l’assunzione cercando di inserirli a rotazione uno o due volte a settimana, sostituendo per gli altri giorni con latte di soia, latte di avena, di kamut o di riso, alternare il classico yogurt derivato dal latte di mucca con yogurt di riso, di soia ecc. Meglio ancora se la scelta ricade su prodotti da allevamenti e agricoltura biologica, che non dovrebbero contenere ormoni, fattori di crescita e farmaci.
Bibliografia
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E. Turla
P. Paganelli